La funzione rieducativa della pena, il duro contesto del carcere, il rispetto della dignità umana sono stati alcuni temi proposti dalla 16° edizione del “Sì all’uomo” Premio nazionale “Domenico Allegrino”, che si è tenuta all’Auditorium Flaiano di Pescara. Il riconoscimento, attribuito a “figure che si sono distinte per aver curato, a proprio modo, le ferite di persone fragili, mettendo in pratica i valori dell’accoglienza e della solidarietà”, è stato assegnato quest’anno a Elvio Fassone, 85 anni, di Torino, ex magistrato e componente del Consiglio Superiore della Magistratura, Senatore della Repubblica per due legislature e autore di numerose pubblicazioni in materia penitenziaria e su temi politico-istituzionali. Da circa 35 anni, Fassone tiene una corrispondenza epistolare con un detenuto che egli stesso ha condannato all’ergastolo, al termine di un maxiprocesso alla mafia catanese iniziato nel 1985. Lo scambio di lettere è riportato nel libro “Fine pena: ora” scritto dal magistrato. Dal testo è stato tratto uno spettacolo teatrale dallo stesso titolo, che è stato portato in scena, nella seconda parte della manifestazione, dalla compagnia “Tedacà” di Torino, per la regia di Simone Schinocca. Presenti alla serata autorità civili, militari, giudiziarie, rappresentanti delle associazioni del Terzo Settore e di alcuni istituti scolastici, studenti e cittadini.
“La storia Di Elvio Fassone e della corrispondenza che tiene da oltre 30 anni con un uomo condannato al carcere a vita coglie pienamente il senso del premio – ha spiegato Antonella Allegrino, presidente dell’Associazione ‘Domenico Allegrino” Odv – Entrambi accolgono l’altro nella propria vita siglando un patto di solidarietà. Il magistrato sostiene il detenuto nel suo percorso di cambiamento e Salvatore, oggi sessantaquattrenne, si impegna a diventare un altro uomo e mantiene questo impegno da oltre trent’anni, pur essendo ancora in carcere. È una storia vera che abbiamo vissuto con emozione e commozione grazie alla straordinaria interpretazione degli attori della compagnia Tedacà”.
“Quando decisi di scrivere a Salvatore non fu una cosa semplice – ha affermato in un videomessaggio Elvio Fassone, che non ha potuto raggiungere Pescara per problemi di salute – Il magistrato non poteva scusarsi se gli aveva irrogato quella pesante sanzione, che costituiva l’unica risposta possibile secondo la legge. E nemmeno poteva raccattare qualche parola di rincrescimento o di circostanza, che sarebbe suonata ipocrita. Potevo offrirgli qualche cosa di mio, e nello stesso tempo chiedere a lui di regalarmi qualcosa di suo. Un patto, insomma, che ci impegnava entrambi: ‘tu dovrai attraversare una sterminata distesa di giorni in condizione di recluso. È un impegno sovrumano, lo puoi reggere solo se ti proponi di guardare il mondo con occhi diversi diversi da quelli che ti hanno guidato fino ad ora, se farai di te quell’uomo nuovo che è richiesto dalla parola rieducazione. È un compito immenso, che probabilmente non puoi reggere da solo. Allora facciamo un patto. Tu resisterai, io ti accompagnerò. E tu a tua volta prometterai: io resisterò se tu mi accompagnerai’. Salvatore, l’uomo che di libri non ne aveva letti mai, solo atti processuali, secondo le sue stesse parole, comprese il patto, lo firmò e lo osserva da oltre 30 anni”.
. Il premio – un’opera dello scultore Luigi D’Alimonte, realizzata in pietra della Majella e dal titolo “Ti accolgo”, creata appositamente per il “Sì all’uomo” – è stato ritirato da Simone Schinocca.
“Fassone non è mai andato a trovare Salvatore in carcere per non mettere a rischio la sua vita poiché sarebbe stato considerato un infame – ha raccontato il regista – il teatro è riuscito a fare quello che la vita non stava facendo. Il tribunale di sorveglianza ha consentito a Salvatore di venire a teatro e lì si sono incontrati, hanno parlato per un’ora, hanno visto lo spettacolo e hanno risposto anche ad alcune domande del pubblico. La scena del loro incontro vale mille premi UBU, che è considerato il riconoscimento più importante di teatro in Italia. Ha dato senso al nostro lavorare perché questa storia va raccontata”.
Durante la cerimonia hanno rivolto un saluto all’Associazione Allegrino il sindaco Carlo Masci, il Presidente del Tribunale di Pescara Angelo Bozza e la Presidente del Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila, Maria Rosaria Parruti.
“Ringrazio l’Associazione Allegrino per il lavoro preziosissimo che realizza per la nostra città, sostenendo in tanti modi coloro che hanno una mano tesa perché bisognosi di aiuto – ha affermato Masci dopo aver ricordato con commozione la figura di Domenico Allegrino – La solidarietà, nelle tante forme in cui la promuove l’associazione, garantisce la possibilità di arrivare veramente a tutti. Rivolgo un invito ai giovani presenti a prendere esempio da questo impegno e a condividere il valore del volontariato”
“Dobbiamo darci tutti da fare perché il carcere migliori perché così non va – ha sottolineato Bozza – Va migliorato sotto tanti aspetti, ma innanzitutto proprio con questa finalità del recupero alla collettività di chi sta soffrendo tra quelle mura”.
“Fassone crede profondamente nella Costituzione e nel cambiamento dell’uomo – ha aggiunto Parruti, che lo conosce personalmente – Il compito del magistrato, in particolare di quello di sorveglianza, è saper cogliere questo cambiamento dove c’è. Ciò che ammiro molto di lui è che nella corrispondenza con Salvatore non lo guarda dall’alto in basso. Il patto siglato tra di loro è tra persone allo stesso livello. Lui si sente di essergli padre e accompagnarlo nel percorso di cambiamento perché, a suo parere, non aveva avuto una famiglia adeguata. Questa corrispondenza non cambia solo Salvatore ma anche il magistrato”.
Lunghi applausi, alla fine della serata, da parte di un folto pubblico. Tra le autorità presenti anche il presidente del Consiglio Comunale Marcello Antonelli, gli assessori Albore Mascia e Seccia, i consiglieri comunali Costantini e Fiorilli, l’ex sindaco Marco Alessandrini, il comandante dell’Esercito Maurizio Tacconelli, il comandante della Polizia locale Danilo Palestini, il vice comandante della base aeronavale Annunziata D’Aniello, la direttrice del carcere Lucia Di Feliciantonio e il direttore del carcere di Chieti Franco Pettinelli, il presidente del Dopolavoro ferroviario Tino Di Cicco, il presidente dell’Associazione nazionale Forense Marcello Pacifico, il direttore del Circuito spettacolo Abruzzo e Molise Domenico Polidoro, le dirigenti scolastiche del Liceo “Marconi” Giovanna Ferrante, dell’Istituto comprensivo “Pescara1” Teresa Ascione e dell’Istituto comprensivo “Masci” di Francavilla al Mare Gabriella Di Mascio, lo scultore Luigi D’Alimonte, Luana Capretti funzionaria e rappresentanti dell’Ufficio esecuzione penale (Uepe), educatrici della casa circondariale di Pescara, due detenuti in permesso e componenti di associazioni del Terzo Settore.
Premiati con borse di studio, destinate all’acquisto di materiale didattico, Giulia Carola Di Maria e Nicolas Casale, studenti del Liceo musicale, artistico e coreutico MiBe di Pescara, accompagnati dalla professoressa Daniela Di Giampaolo, che hanno partecipato al concorso-calendario sul tema “Mettiamo dei fiori nei nostri cannoni”. Alla manifestazione hanno preso parte circa duecento studenti del liceo classico “G. D’Annunzio” (accompagnati dal professor Lorenzo Appignani), del liceo Marconi (accompagnati dalle professoresse Rosanna Mannias, Maria Grazia Gigante, Mirella Giordano, Catja Bomba, Barbara Cipolla, Ines De Rosa, Teresa Orsomarso), dell’Istituto tecnico “T. Acerbo” (accompagnati dalla professoressa Piera Di Nisio) e del MiBe e cittadini.
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