Premio Allegrino 2017: appuntamento con la undicesima edizione sabato 25 Marzo presso l’Auditorium “Petruzzi”.

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Il Sì all’Uomoè ciò che contraddistingue il Premio nazionale Domenico Allegrino, l’evento che raccoglie le testimonianze, piccole o grandi, ma sempre eroiche, di chi sceglie nella propria vita di donarsi agli altri senza riserve, rinunciando a un po’ di sé per fare spazio alla solidarietà, al coraggio, al perdono e alla carità.

Storie, le più diverse, che spesso fioriscono in silenzio ed è per questo motivo che il Premio dà loro una voce nella speranza di gettare semi di altruismo .

Giunta alla undicesima edizione, l’iniziativa è stata ideata e realizzata per la prima volta nel 2007 – in occasione della ricorrenza della scomparsa di Domenico Allegrino (29 marzo 1999) – dall’Associazione a lui intitolata. Cornice dell’evento, che come ogni anno ha visto una grandissima partecipazione di pubblico, l’auditoriumPetruzzi di Pescara.

Antonella Allegrino, presidente della onlus, in apertura della manifestazione, ha sottolineato il senso dell’iniziativa : Da undici anni proponiamo le testimonianze di persone normali, che sono capaci di fare qualcosa di speciale, di accogliere, di includere, di essere misericordiose, di restare in ascolto per condividere le difficoltà, i dolori e le sofferenze degli altri. Sono storie che trasmettono bellezza e voglia di vivere, che testimoniano fratellanza, solidarietà e altruismo. Lauspicio è che, attraverso questi racconti, si possa comprendere quanto sia importante donarsi agli altri e quanto bene si riceve facendo del bene. Bisogna aprirsi agli altri, che sono parte di noi perché insieme si cresce.

Un messaggio che è stato condiviso dai premiati: padre Alfredo Maria Paladini, frate cappuccino, di Montecatini, cappellano in carcere; la giovane Sara Peppucci, umbra, dell’associazione Casa del Cuore-Amici del Congo e la famiglia pescarese di Franco e Graziella Di Biase, che ha accolto e curato in casa un ragazzo migrante malato a causa di un linfoma molto aggressivo.

 

Particolarmente significativa è stata la testimonianza di padre Alfredo Maria Paladini, 58 anni, di Montecatini, passato, all’età di 39 anni, dalla professione di project manager, che lo ha portato a costruire e gestire campi da golf in tutto il mondo, al convento. Ha rinunciato a una vita lussuosa, lauti guadagni, viaggi e ambienti mondani per “donarsi” ai detenuti del carcere di Pistoia, che conforta da circa 20 anni. “Quando ho sentito la chiamata procedevo a impulsi nella vita, ma avvertivo il disagio e un anelito diverso – ha raccontato – Con la conversione ho scoperto l’altro e ora porto la speranza ai reclusi attraverso il Vangelo. Sono solo il timoniere di       questa scialuppa di farabutti, ma ho capito che chiunque può finire nella discarica sociale che è il carcere. L’articolo 27 della Costituzione stabilisce che le pene dovrebbero tendere alla rieducazione del condannato, ma dopo tanti anni dico che non c’è né rieducazione né riabilitazione, otteniamo molto di più attraverso lo studio, lo sport, il lavoro e la preghiera”. Poi, padre Paladini ha rivolto un appello ai giovani presenti in platea: “Non chiudetevi nell’individualismo, ma apritevi a scenari che vi portino fuori dai recinti asfittici dell’ego”.

 

Di straordinaria umanità e fratellanza anche il gesto compiuto dagli abitanti di un villaggio poverissimo del Congo, Kingouè, che, nel dicembre scorso,  hanno donato 238 euro alle popolazioni terremotate del Centro Italia attraverso l’associazione di volontariato“Casa del Cuore- Amici del Congo”. Una colletta realizzata dopo le sollecitazioni di don Ghislain, fondatore della onlus, che, nella sua omelia in chiesa, aveva descritto i terribili effetti del sisma del 24 agosto scorso. A raccontare la storia lo stesso sacerdote e la presidente, l’umbra Jenny Peppucci, in un video trasmesso dal Congo. Il premio, invece, è stato consegnato a Sara Peppucci, sorella di Jenny e volontaria dell’associazione. “E’ un villaggio in cui si vive davvero con pochissimo, al limite della sopravvivenza – ha spiegato – Eppure tutti hanno voluto contribuire, anche con 15-20 centesimi. Non è poco se si considera che lo stipendio delle persone che stanno bene è di circa 40-50 euro. E’ stato un gesto che ha provocato tanta commozione e che ha innescato molti meccanismi di solidarietà. La nostra associazione – ha concluso – si chiama Casa del Cuore perché aiuta soprattutto i bambini orfani e abbandonati, che hanno bisogno di tante cose, a partire da un semplice gesto di affetto. Per loro intendiamo costruire una scuola materna ed elementare e una dei mestieri”.

Molto commovente la testimonianza dei pescaresi Franco e Graziella Di Biase, impiegato e maestra della scuola in ospedale, che insieme ai figli Francesco, Federica e Luca, hanno accolto in casa un migrante di 19 anni,  Mohamed Kante, arrivato su un barcone dalla Libia  e colpito un linfoma molto aggressivo mentre si trovava in un centro di accoglienza di Pescara. Il giovane, purtroppo, non ce l’ha fatta a sconfiggere la malattia, ma ha trascorso il suo ultimo anno di vita con la famiglia Di Biase, che lo ha curato  e seguito con tanto amore, rispetto e vicinanza.  Una storia meravigliosa di altruismo, integrazione e solidarietà che il giovane Luca ha raccontato in un video, trasmesso nel corso della cerimonia, in cui ha immaginato di scrivere una lettera all’amico-fratello. “Mio marito lo ha accudito in ospedale mentre si sottoponeva alla chemioterapia – ha spiegato Graziella Di Biase – Quando ha concluso la cura abbiamo pensato che non poteva rimanere da solo e, senza porci molti problemi, lo abbiamo accolto in casa. E’ stato un dono enorme perché ci ha sconvolto la vita nel senso più bello. Non ho mai visto tristezza nel suo sguardo, dimostrava sempre tanta gratitudine. Una volta, scherzando, gli ho detto di fare un po’ il malato, di lasciarsi amare. Siamo riusciti a rintracciare anche la mamma prima che morisse. Ci ha detto che lei era la madre naturale, ma che noi stavamo dando al figlio la vita vera. Mohamend le aveva raccontato che non sentiva il bisogno di chiederci niente perché il nostro amore arrivava prima di qualsiasi richiesta. Pregava tantissimo, ovunque si trovasse, Federica lo accompagnava sempre in moschea. I funerali si sono tenuti sia nella parrocchia di San Giovanni Battista e San Benedetto Abate, dove don Massimo Di Lullo lo ha accolto come un figlio insieme a tutta la comunità, sia in moschea, alla presenza degli amici cristiani e musulmani”.

Il riconoscimento conferito questa mattina ai tre premiati consiste in un’opera realizzata dall’artista e insegnante del liceo artistico Misticoni-Bellisario di Pescara, Barbara Nardella. L’opera dal titolo “Solidarietà senza confini” si ispira alla Terra d’Abruzzo, ricca di misteri, minuziosità e particolarità paesaggistica, caratterizzata dalla maestosa montagna “La Bella Addormentata”, dagli ulivi simboli di pace e prosperità e dal mare ricco di splendidi tramonti. Terra in cui Domenico Allegrino, uomo di fede, di cultura e di amore per la propria regione si è prodigato per il bene della sua comunità.

Le testimonianze dei premiati sono state intervallate dalle bellissime esecuzioni  del sassofonista pescarese Piero Delle Monache, che ha suonato tre suoi brani preannunciando un concerto che si terrà il 29 marzo al teatro Massimo. Alla manifestazione hanno assistito anche gli studenti di alcune classi della scuola media “Michetti Pascoli”, dell’Istituto “Di Marzio-Michetti” e del liceo artistico “Misticoni-Bellisario”.

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